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Come già detto precedentemente, gli acidi presenti nel vino sono in prevalenza l’acido malico e quello tartarico. Questi sono presenti in misura differente, e ricoprono diversi ruoli durante il processo di vinificazione. L’acido tartarico è presente in una quantità compresa tra i 4 e 15 grammi per litro, mentre il malico è molto più variabile.
Il primo risulta solubile solo in acqua e pertanto, con l’avanzare della fermentazione, e quindi con la formazione dell’alcool, tende a trovare autonomamente il suo punto di equilibrio. Il secondo, invece, è solubile sia in acqua che in alcool e risente molto dell’azione dei lieviti che possono fermentarlo o formarlo. Ciò comporta che, con l’avanzamento del processo, si possano determinare aumenti o diminuzioni di livello, non consentendo al mosto di raggiungere la quantità ottimale.
Generalmente, le uve del nord Italia producono mosti più acidi, in quanto possono contare su una concentrazione maggiore di acido malico. Al contrario quelli del meridione, a causa anche di un clima maggiormente temperato, sono spesso carenti sotto questo aspetto.
Tralasciando le funzioni svolte da questi elementi, in quanto già accennate negli articoli precedenti, qui ci interessa trattare di come comportarsi e cosa fare quando si verifica una delle precedenti ipotesi.
Allora, quando un vino risulta eccessivamente acido, le possibilità di azione sono assai limitate. I grandi produttori per ovviare al problema, che come già detto generalmente riguarda principalmente l’acido malico, provvedono a tagliare il mosto o a disacidificarlo biologicamente attraverso i propri laboratori. Tuttavia, non tutti dispongono dei mezzi tipici delle grandi cantine, ecco quindi che l’unica strada percorribile risulta essere il “taglio”. Alcuni piccoli produttori ricorrono anche all’aggiunta di bicarbonato di sodio che assicura certamente un buon risultato in questo senso, ma si tratta di un procedimento vietato dalla legge che determina anche conseguenze negative sulla qualità del prodotto finale.
Nel caso in cui la percentuale di acido malico risulti carente, non vi sono grandi problemi in quanto si può tranquillamente aggiungere la quantità necessaria. Infatti, in commercio si trovano diversi additivi in polvere. Bisogna però prestare grande attenzione, perché prima di procedere all’acquisto occorre assicurarsi che si tratti di acido L-malico, e non semplicemente malico. Questo perché quella specifica sigla indica acido di estrazione naturale e non derivante esclusivamente da sintesi chimica.
Allo stesso modo, se nel mosto il livello di acido tartarico risulta non sufficiente si potrà aggiungere, bisogna però tenere presente che si tratta di un rimedio temporaneo in quanto quest’elemento tende a precipitare, come già detto, a causa della sua non solubilità in alcool.